Quante frecce servono?

Una delle domande alla quale ho dovuto rispondere più spesso quando porto la caccia con l’arco in nuovi contesti, è: “quante frecce devi tirare per uccidere un animale?
Questa domanda potrebbe non meravigliare più di tanto se fatta da parte di persone che non hanno a che fare con la materia venatoria, ma mi sorprende sempre, in negativo, se posta da un cacciatore.
In linea di massima la mia risposta è del tipo “quante fucilate devi fare per uccidere un animale se gli tiri nella coscia e nelle orecchie?” Il tono “leggermente” polemico, scusatemi ma è dovuto.


Chi capisce minimamente di balistica terminale (e chi ha la licenza di caccia sa che è materia d’esame) è conscio che un tiro in area vitale è sempre mortale, con modalità leggermente differenti secondo il punto d’impatto. Ora, se i polmoni bucati da una palla di carabina si svuotano inesorabilmente e portano al collasso, perché non dovrebbe essere lo stesso con una freccia?  
Nessuno può sopravvivere ad un tiro nei polmoni, al cuore, al fegato.


Probabilmente la risposta è data dal fatto che per molti è una sorpresa sapere che un arco - di forza adeguata - porta sempre la freccia a trapassare la preda, o comunque a penetrare più che sufficientemente per compiere il suo lavoro.
L’immaginario collettivo è infatti fermo ai film di indiani-cowboy, dove il malcapitato "uomo bianco" si porta una mano al petto come per estrarre la freccia conficcata con la sola punta e con tutta l’asta rimasta fuori. In effetti, questa immagine non è tanto fuori dalla realtà considerando le attrezzature del tempo, infatti disegni dell’epoca ci riportano del gruppo di cacciatori che conficcano per pochi centimetri un gran numero di frecce nel povero bisonte, il quale finisce stremato dopo lunga sofferenza.
Oggi, in realtà, un tiro con arco moderno fa uscire la freccia in piena velocità dal corpo di un improbabile moderno cowboy,
per poi conficcarsi con forza nel terreno retrostante; cosa che capita infatti regolarmente con il tiro a caccia.

La punta con le lame pratica una ferita importante per tutto il suo percorso, tranciando tutto ciò che incontra. La fine sopraggiunge con la stessa identica velocità di quanto accade con la carabina, ma anche qui con modalità differenti. La carabina infatti ha anche un paio di effetti secondari, che consistono nell’onda d’urto che stordisce l’animale trasmettendosi attraverso i fluidi corporei e il sawtooth effect, ovvero il ribaltamento e la frammentazione della palla all’impatto, cause che aumento danno e shock.

Per questo con la palla sovente l’animale cade sul posto stordito per morire entro breve, mentre con la freccia ha qualche secondo di tempo per correre in quanto non stordito.
  L’effetto finale è il medesimo.


Se così non fosse, sarebbe per noi impossibile catturare animali con l’arco perché, vi assicuro, nessuno una volta colpito resta lì ad aspettarsi una seconda freccia.

O meglio, una volta mi è capitato, ma questa è un’altra storia…


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