Il referendum "SI abolizione caccia"

Un altro tentativo di abolire la caccia è fallito. Il mondo venatorio ha esultato per il “risultato” raggiunto.

In realtà c’è molto da preoccuparsi, se questo referendum fosse stato organizzato meglio, mettendo a punto una proposta gestibile e soprattutto con la condivisione delle associazioni ambientaliste (Enpa, Legambiente, WWF, Lipu non hanno supportato l'iniziativa), le cose sarebbero andate assai diversamente.
Dello scampato pericolo non possiamo certo ringraziare l’attività delle associazioni venatorie che, in un silenzio assordante, posso solo immaginare abbiano lavorato dietro le quinte, ma probabilmente più per contrastare il referendum una volta eventualmente approvato, piuttosto che per creare per tempo un'informazione corretta.
Ma quello che è certo è che esse hanno perso l’ennesima occasione per fare ognuna un passo indietro nell’interesse del mondo venatorio, mentre invece, per i noti campanilismi e la consueta bramosia di potere/visibilità, nessuno ha tentato quella unione che tutti auspicano... fuorché le AAVV stesse.
Ridotte ormai ad essere unicamente spacciatrici di polizze assicurative, ottengono associati solo per la consuetudine acquisita.
Fortunatamente per noi il comitato "SI aboliamo la caccia" ha fatto una serie di errori che, sommati alla reale difficoltà di raccogliere regolarmente un così elevato numero di firme, non ha consentito il risultato positivo:
- un obiettivo sbagliato - messo a punto solo dopo 2 tentativi rigettati - e comunque poco perseguibile, probabilmente una serie di limitazioni alla caccia sarebbero state più gestibili e avrebbero raccolto più consensi;
- una comunicazione dozzinale, basata su una retorica trita e ritrita tanto da essere stucchevole anche per chi non ha simpatia per la caccia;
- l’arroganza di poter pensare di escludere dall’azione i “poteri forti” del settore, che invece politicamente sono assai più smaliziati e probabilmente mal avrebbero sopportato un obiettivo raggiunto da terzi;
- la mancanza di testimonial credibili, che hanno resa poco sostenibile la richiesta.


Anche la storia del suo promotore non dava particolarmente credito alla riuscita dell'iniziativa. Paolo Bernini, politico del Movimento 5 stelle, aveva in passato sostenuto la tesi secondo cui i cittadini americani hanno un microchip sotto pelle che li controlla, ha firmato un disegno di legge affermando collegamenti fra i vaccini e alcune malattie (tesi rivelatasi poi una frode scientifica), ma ha anche sostenuto varie teorie complottiste. In sostanza per Bernini si trattava solo dell'ennesimo tentativo di garantirsi una visibilità personale.


Con tutto questo ci siamo salvati solo con la contestazione al conteggio delle schede e per questo io ritengo che una volta di più ci sia la inderogabile necessità di organizzare una comunicazione moderna, ragionata, credibile, da parte del mondo venatorio. Esigenza questa non collegata strettamente alla vicenda del referendum, ma una necessità trasversale che verrebbe in aiuto anche in tali situazioni.
Le AAVV hanno più volte dimostrato la loro totale incapacità in materia, per vari motivi che non ipotizzo qui.


Forse la sola speranza è un’azione congiunta da parte dell’industria che gravita intorno alla caccia; un mondo abituato a ragionare per obiettivi e con le capacità che mancano alle associazioni i cui dirigenti vivono di compensi non dipendenti da progetti e risultati.
Per il prossimo referendum - che ci sarà - dovremo farci trovare preparati, possibilmente anche con una legge nazionale più difendibile di quella attuale.


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